Stefano ha poco più di 50 anni quando arriva in terapia dichiarando di essere depresso. Si potrebbe dire che Stefano ha quella che viene chiamata “crisi di mezza età”: il lavoro non lo soddisfa più, non va più d’accordo con i soci, si sente inadeguato perché non riesce a stare al passo coi tempi, in particolare perché non riesce ad adeguarsi al “digitale” che sempre di più, soprattutto nel suo lavoro, sta prendendo il posto del ’”analogico”. È così in crisi che sta mettendo in discussione anche il suo matrimonio. Dice di aver perso la voglia di fare, perso il piacere di fare le cose. Negli ultimi anni, per una serie di motivi personali e familiari, ha smesso di fare molte delle cose che una volta gli piaceva fare: i giri in bici, le camminate in montagna, le vacanze in giro per il mondo. Ha anche venduto la moto. Descrive se stesso come una persona arrogante, pessimista, poco empatica e molto giudicante.
Decidiamo di iniziare a lavorare sulla depressione, e per prima cosa decidiamo di ricominciare a fare le cose che una volta gli piacevano. Iniziamo con un giro in bici, ma questo si rivela un fiasco completo: Stefano si presenta alla seduta successiva triste e sconsolato, dicendo che non è riuscito nel compito, che è pure caduto, che allora è troppo vecchio per fare anche quello, che non è più capace di fare neanche un giro in bici. Forse, dice, anche la terapia è una perdita di tempo.
Ragionando insieme su quanto accaduto, scopriamo che quello che Stefano descriveva come “un banale giro in bici come quelli che ho sempre fatto” era in realtà in giro decisamente troppo lungo e difficile per una persona fuori allenamento, come era lui in quel momento visto che non andava in bici da qualche anno. Emerge quindi un aspetto importante della personalità di Stefano: il fatto di avere degli standard molto elevati, sia per quanto riguarda le prestazioni degli altri che le proprie. Così come giudica gli altri, giudica se stesso. Ragiona spesso in bianco e nero: le cose sono o “una figata” o “uno schifo”, e lui stesso può essere o una persona perfettamente competente e adeguata (un “supereroe“!) o uno “sfigatone”: non c’è mai una via di mezzo. Dopo aver ragionato su questi aspetti, decidiamo di affrontare un giro in bici un po’ più corto e un po’ più semplice del primo. Non è facile decidere che giro fare, perché il pensiero in bianco e nero è sempre in agguato: “sì ma non è che posso fare il giro che fanno i vecchi”. Ce la facciamo. Decidiamo un itinerario che non sia né troppo facile né troppo difficile. La settimana successiva Stefano arriva in seduta e dall’espressione che ha sul viso capisco subito che la situazione si è sbloccata. Stefano si è reso conto del fatto che i suoi standard elevati non facevano altro che aumentare le probabilità di fallimento, cosa che alimentava ovviamente il circolo vizioso della depressione in cui si trovava. Mi racconta di aver fatto quel giro in bici che avevamo concordato, e di aver sperimentato che abbassando un po’ gli standard può trarre comunque soddisfazione ancora da tante cose. Certo una volta faceva giri più lunghi, ma in effetti questo che aveva fatto gli aveva comunque portato più gratificazione di quanta gliene portasse lo stare in casa ciondolando in ciabatte lamentandosi come un “vecchio brontolone”.
Le cose evolvono rapidamente, e Stefano procede così per qualche mese. Nel frattempo, decide di lasciare la società per cui lavora e di aprirne una nuova. Sono mesi molto stressanti, ma riesce a gestirli bene. Riscopre il piacere di trascorrere il tempo con la sua famiglia e il piacere di fare tante cose che con il tempo aveva smesso di fare. Continuiamo a lavorare, in particolare su quei personaggi che animano la sua vita mentale: oltre allo “sfigatone” e al “vecchio brontolone” infatti c’è anche il “supereroe”. Stefano impara che non è un “supereroe”, ma soprattutto che non è tenuto ad esserlo, perché il fatto di non essere un “supereroe” non significa essere uno “sfigatone”, come per tanti anni aveva creduto. E oggi, dopo circa 10 mesi di terapia, mi saluta, soddisfatto del percorso fatto e della sua nuova vita. In bocca al lupo Stefano!
PS. Come al solito, Stefano non si chiama davvero Stefano, e anche altre informazioni sono state cambiate: alla Dritto al Punto la privacy è fondamentale.